23 marzo 2015

RADIOPOLI


RADIOPOLI

Attenzione: questo articolo si riferisce esclusivamente alla politica inammissibile adottata da certi grossi network radiofonici.  Io amo la radio, ci sono cresciuto, mi ci sono formato culturalmente, e ed è un mezzo senza il quale non sarei mai diventato un cantautore di successo. In Italia ci sono centinaia di radio che svolgono correttamente il loro lavoro di diffusione della cultura musicale, e a loro porgo i miei omaggi.

Non sono tipo da far polemiche a vanvera, o mettermi a sparare a zero su nessuno. Stavolta, ho ritenuto di non star zitto e di svelare al pubblico qualcosa che il pubblico generalmente non viene a sapere.  Perciò approfondisco con voi il motivo del mio post apparso il 21 marzo sulla mia pagina facebook e su twitter.  Ecco cosa ho scritto:

Comunico a tutti che - come mi informa il mio ufficio stampa - radio 105 non passerà alcun brano del mio nuovo album POP, JAZZ and LOVE in quanto "non in linea con la radio". Ne consegue che ciò che si sente in alcuni network non nasce dai gusti del pubblico, ma da un filtro dai criteri quantomai oscuri esercitato da - tipo - due o tre persone che decidono quali artisti debbano esistere e quali no. In attesa di spiegazioni, consiglio cortesemente a tutti i miei estimatori di non ascoltare più questa radio”.

LA STORIA

Il post è stato accolto da uno tsunami di consensi, migliaia di condivisioni, centinaia di migliaia di views, e poche, anzi pochissime critiche.  
Che è successo? E’ successo che ho appena pubblicato il mio nuovo album POP JAZZ and LOVE, ricevendo finora accoglienze entusiasmanti.  L’album ha un brano in italiano (il singolo) e nove in inglese, e come promette il titolo lo stile è pop-jazz. A mio avviso, uno dei migliori album della mia carriera.
Sono un artista indipendente, e non avendo una grossa casa discografica a farmi da guardaspalle, ho assunto un ufficio promozionale - la Comunicazione Globale di Giovanna Palombini e Giorgio Cipressi - per far conoscere il mio nuovo lavoro ai media, e far entrare il singolo “A BAZZICARE IL LUNGOMARE” (o un altro brano dell’album) nelle playlist delle radio.  Perché se una canzone non va in radio, la gente non la sente, e se la gente non la sente, non può sapere che tu esisti o che hai scritto nuove cose.  
Insomma, mentre sono lì che spingo i miei bimbi sull’altalena al parchetto vicino casa, ricevo da Giovanna Palombini un sms criptico con la frase: “105 ha detto di no”…   Eh? Che? Radio 105 ha detto di NO? A chi? A me? A te? A che? La chiamo, voglio capire bene, e Giovanna mi spiega che la radio - per bocca di due redattrici - non metterà in onda alcun brano del mio album in quanto non in linea con la filosofia editoriale dell’emittente.  Porca vacca, che notizia! E adesso? Dovrei calare le braghe e cambiare lavoro alla mia età?   Fare il disoccupato? Sono assalito da immagini sfocate di me, che spendo parsimoniosamente gli ultimi spiccioli in verdure, salumi e baghette al mercato, e dal di là del bancone mi sento chiedere “E allora? Non canta più? Ha smesso?”.  Dopo un po’ diventa un coro assordante.  Mi sveglio urlando tutto sudato.  Insomma, queste due tipe avrebbero deciso che io dovrei sparire dal panorama musicale italiano e forse mondiale in silenzio e senza fare una piega. 
Ma poi, chi sono io? Con mio sommo stupore, mi ritrovo ad essere un artista dalla carriera trentennale; non ho la pensione, ma ho avuto l’immeritata fortuna di scrivere dei classici entrati così tanto nella storia della musica italiana che quasi non mi appartengono più, al punto che molta gente conosce le mie canzoni pur senza sapere chi io sia (il che non è sempre un male).  Non so se post-mortem metteranno mai il mio busto a Villa Borghese vicino a quello di Giuseppe Verdi, ma mi capita di sentirmi dire dalle persone più insospettabili cose tipo “sai Sergio, anni fa stavo passando un periodo orribile, e solo la tua musica mi ha tirato fuori” (il miglior complimento che possano farmi). 
Sono un ARTISTA, cazzo.  C’è scritto così  nero su bianco sui miei contratti scaduti con la CGD WARNER, con la defunta Polygram (ora Universal), che continuano a vendere tutti i miei vecchi album più varie compilation pagandomi pochi centesimi.   Mai e poi mai, nella mia carriera, ho scritto una sola canzone tentando di modellarla in linea con la filosofia editoriale di nessuna radio.  Io sono quello che è andato tre volte a Sanremo portando lì brani difficili - IL GARIBALDI INNAMORATO, RIFARSI UNA VITA, e FLAMINGO.
Per carità, non mi aspetto che i miei album piacciano a tutti, né che tutte le radio mi accolgano a braccia aperte. Ma non mi aspetto neanche di essere messo alla porta da nessuno, liquidato o schifato come uno indegno di essere messo in onda da questa o quella radio, con la motivazione implicita che la mia musica potrebbe rovinare la linea editoriale dell’emittente.  
Dopotutto, sono uno che scrive musica contemporanea e in tutta Italia riempie teatri e locali di gente che non era neanche nata quando ho iniziato la mia carriera. 

Qualcuno obietterà: ma una radio è ben libera di mandare in onda ciò che meglio crede, e se non lo ritiene opportuno non ti manda in onda; che problema c’è?  Dipende. Intanto, una radio di portata nazionale, che ottiene le sue licenze dallo Stato ottemperando ad una serie di regole - prima fra tutte quella di trasmettere le news e di avere un certo numero di notiziari al giorno - e prende contributi dallo Stato - è una realtà sociale di tutti, insomma è un servizio pubblico;  come tale, prima di discriminare, censurare o oscurare un personaggio pubblico o un artista affermato come me, deve avere dei buoni motivi.  Che non possono risiedere nei gusti personali dell’editore. Ovvio che talvolta è lecito censurare: ad esempio, in caso di contenuti offensivi, vilipendio, attacchi personali, linguaggio inappropriato (beh, su questo 105 dovrebbe farsi un esame di coscienza), razzismo, e così via.  Ma questo non è certo il mio caso.  Non ti piaccio? Pazienza. Il mio disco nuovo, il mio tour sono comunque notizie, e rifiutarsi perfino di annunciare il mio nuovo lavoro o i miei concerti non ha a che fare con nessuna linea editoriale, ma puzza lontano un miglio di discriminazione o peggio ancora di sabotaggio.  La SIAE non dovrebbe consentire a nessuna radio di epurare un autore, ma senza una regolamentazione in proposito non può fare nulla.  In altri paesi ci sono legislazioni che impongono alle radio una serie di norme sulla messa in onda di una certa dose di musica e autori nazionali.  Qui non esiste niente del genere.  Qui, ci ritroviamo dei network  “privati” ma finanziati in parte coi soldi dei contribuenti, che discriminano a loro piacimento chi gli pare, e quasi sempre per interesse personale o scelte ignoranti.  

Ma restiamo in tema e chiediamoci:  quale sarebbe la famosa linea editoriale di 105? C’è un solo modo per saperlo: andare a vedere la playlist, ovvero i pezzi più trasmessi dalla radio (dal sito della radio), e vediamo se sia possibile cavarne una “linea editoriale” di qualche tipo.  Nella  settimana della mia “epurazione” ecco i primi dieci:

  1. NE-YO, Coming With You - che genere musicale sia, difficile a dirsi, lui si definisce R&B, è uno che ha scritto per tutti, Rihanna, Chris Brown, Snoop Dogg, Beyoncé, Jay-Z e molti altri. Dunque, R&B.
  2. MALIKA AYANEAdesso è qui - anvediii, con NE-YO c’azzecca una cifra!  Pop melodico italiano.
  3. THE AVENER  - Fade Out Lines - genere, voilà: HOUSE! Di riffe o di raffe, secondo personaggio sanremese su tre entries!
  4. SAINT MOTEL - Cold, Cold Man - genere POP americano. Giustamente, house dopo pop americano ci sta bene come un bicchiere di latte con la pepata di cozze… 
  5. RIHANNA  KANYE WEST  e PAUL McCARTNEY - four five seconds - genere HIP HOP.
  6. BROOKE FRASER - Kings and Queens - DANCE
  7. MAROON FIVE - Sugar - Pop-Rock-Soul, insomma, tutto. 
  8. DAVID GUETTA - DANCE
  9. MEGHAN TRAINOR - SOUL (direi, tipo Amy Whinehouse)
  10. JOVANOTTI - RAP ITALIANO

No, basta, mi fermo a riflettere.  Ma che minchia di linea editoriale sarebbe questa? Vorrebbero farmi credere che tutti questi generi musicali agli antipodi l’uno con l’altro hanno un pubblico omogeneo tale da determinare la linea editoriale della radio, che guarda caso esclude proprio me? Proiettata qualche decennio fa, questa playlist potrebbe includere a pari merito i Clash, Mino Reitano, Joni Mitchell, Michael Jackson, Sex Pistols, Iva Zanicchi, Ian Dury e Luciano Pavarotti.  

Il sottoscritto ha vissuto e fatto musica negli USA per 12 anni, dove in radio mi hanno messo in onda eccome.  Negli USA - il paese inventore della radio moderna che qui tentiamo invano di imitare -  ha molto senso parlare di “linea editoriale della radio”, perchè negli USA le radio sono tematiche, cioè hanno format radiofonici ben precisi per genere musicale.  Ci sono radio che trasmettono esclusivamente country, esclusivamente Hip Hop, esclusivamente Rock anni ’70, esclusivamente Pop, etc.  E uno può scegliere il genere musicale che vuole ascoltare. Se sei su una radio country, non ti ci ficcheranno dentro Kanye West o Celine Dion, se ascolti una radio Heavy Metal non ti ci piazzeranno a tradimento Skrillex o Bublè.  E così via. Mi spiego?  

Ma in che modo il mio nuovo album non sarebbe compatibile con la linea editoriale di 105 è al di là della mia capacità di intendere. MA MI FACCIA IL PIACERE!!! direbbe Totò.  Il fatto è che - lo sanno in molti ma nessuno lo dice -  c’è una LOBBY delle radio - che decide CHI nella musica debba esistere e chi no.  E chi è che deve esistere? Indovinate un po?   Ci torniamo più avanti.
Le radio in Italia non sono più quelle di una volta, e questo si sa.  Ma cosa è esattamente cambiato? Molte cose, alcune molto evidenti, altre più oscure.  Ma una in particolare.

C’ERA UNA VOLTA IL DEE-JAY

Una volta esistevano i Dee-Jay, ed erano loro a scegliere la musica da trasmettere; ogni programma aveva una sua linea, legata allo stile del DJ, alla sua popolarità e al tipo di musica che trasmetteva.  Secondo criteri di marketing in verità abbastanza vaghi - ma pur sempre criteri - i responsabili dei palinsesti decidevano in quali fasce orarie collocare i vari programmi a seconda del tipo di pubblico che era lecito aspettarsi ad una certa ora.  Per esempio, trasmettere punk rock la mattina alle 7:00 o dopo la mezzanotte - con un Dee Jay che urla e si agita poteva risultare inappropriato; la massaia Dash - per dire - fra le dieci di mattina e mezzogiorno, non vuole sentire cantautori rompicoglioni o rock duro, vuole sentire i classici che andavano quando non era sposata e stirare a ritmo di disco dance. E così via. 
Com’era il business della musica ai tempi dei Dee-Jay? Così: quando un artista usciva con un nuovo album, la casa discografica presentava alle varie radio la canzone più adatta per essere il singolo - che doveva avere una caratteristica essenziale: essere “radiofonico” (per la plebe incolta, “orecchiabile”).  Poi doveva essere lungo circa tre minuti - mai più di quattro, e la gente da casa poteva telefonare alla radio e chiedere i brani che gli piacevano di più. In tal modo il Dee-Jay tastava il polso al pubblico della radio e si regolava. Il Dee-Jay era praticamente Dio.  Come tale, un Dee-Jay a volte si divertiva a scoprire nuovi talenti e a farne delle star, e insisteva a martellare un brano finchè la gente non lo beccava. Era una questione di prestigio.  

OGGI

Oggi i DEE-JAY non decidono più una minchia, le scalette vengono scolpite nel marmo dall’editore o dal programming manager, i brani - alternati da spot pubblicitari già montati nella scaletta - vengono messi in onda dal computer che ha un server centralizzato saldamente custodito dalle sacre mani dei responsabili della linea editoriale della radio che sono - per lo più - impossibili da contattare.  Per non sentirsi del tutto inutili, i Dee-Jay di alcuni network si sono riciclati come apostoli del cazzeggio più o meno scurrile (il sottoscritto non è sicuramente un moralista, ma che cazzo, ci sono dei limiti ;-)), e la radio è diventata un casino allucinante di gente che parla una sopra l’altra e in mezzo un bombardamento continuo dei soliti venti brani.  In tutte le radio.  Cambiare stazione non serve.  Linea editoriale de che? I network sono tutti uguali e mandano tutti la stessa roba. 

LOBBY

E arriviamo al punto. Lo sanno tutti e nessuno lo dice: c’è una lobby di radio che si sono unite per dominare la musica, la discografia, le edizioni, inzuppare il biscotto nel LIVE, e guadagnare percentuali di vario tipo dagli artisti che mettono in onda.  C’è una etichetta discografica associata a tre grossi network in particolare (indovinate voi quali), e guarda caso quelle radio trasmettono solo gli artisti che ne fanno parte (ed eventualmente quelli enormi che non è possibile ignorare per questioni di audience).  Ci sono artisti di questa etichetta che scrivono i pezzi di tutti gli emergenti.  Ma se sei un emergente non sponsorizzato, non hai nessuna possibilità di passare in radio.  Questo in termini schietti si chiama MONOPOLIO, e in Italia sarebbe proibito, ma nessuno parla.  Perchè? Omertà. La gente ha paura di essere boicottata, e si fa censurare, mettere alla porta senza dire niente nella speranza che “un domani”…  In questo quadro, la lobby ha interessi concreti ad oscurare chi della sua cerchia non fa parte, perché vuole che tutti i soldi che la gente ha intenzione di spendere in intrattenimento finiscano nelle loro casse e non vadano dispersi altrove.  Se non ti passano in radio, hai più difficoltà a fare concerti.  Se sei in radio 40 volte al giorno, batti che ti ribatti alla fine riempi i palazzetti.  Ecco il giro di affari, ecco perchè certi artisti si sentono in radio duecento volte al giorno, e altri MAI.  Sto aspettando il giorno - che forse non arriverà - in cui un giornalista particolarmente idealista, invece di sedere nella giuria di questo o quel talent show, inizi un’inchiesta per esporre questo marciume che è senza il minimo dubbio la punta di un iceberg di nome RADIOPOLI.

Nel mio caso, non so quando esattamente mi abbiano messo all’indice.  Tutte le radio che non mi passano ora, mi hanno passato eccome in anni diversi, e hanno fatto audience anche grazie a me, inclusa 105. 
Ma non voglio dare la sensazione di dare addosso a radio 105 in particolare, diciamo che stavolta mi sono incazzato con loro perchè mi hanno sbattuto la porta in faccia nel momento sbagliato.  
Giustamente, e a pieno diritto, ho esortato i miei estimatori a non ascoltare più questa radio, ma nessuno lo scambi per boicottaggio.  Il boicottato sono io.  Perchè, VOI potete boicottare me, eliminarmi dalla scena musicale italiana, e io non posso neanche informare il mio pubblico di ciò che fate? Par condicio, miei cari.  Mentre scrivo, più di mezzo milione di persone hanno letto il mio post.  Aumenteranno. 
Dicevo, 105 non è la sola.  RTL non mi passa.  E così altre emittenti.  Un esempio clamoroso? RADIO ITALIA (solo musica italiana), pure quella non passa le mie canzoni perchè “non in linea con la direzione editoriale della radio”.  E che sono io, francese? Bulgaro? Indonesiano? Non mi passano.  Lo hanno detto chiaro e tondo a mia moglie (e mia socia) quando un anno fa li ha chiamati per chiedergli come mai ero sparito dai palinsesti - nonostante proprio loro mi avessero poco tempo prima cercato come autore per un emergente - ma questa è un’altra storia.  A quei tempi (l’anno scorso) facevo ancora  dischi in italiano, non in inglese come adesso.  Se non ero un artista italiano io, che ho scritto UN SABATO ITALIANO e ITALIANI MAMBO, e ho portato la mia musica in America, e sono rinomato per il mio uso della lingua italiana, non so chi altro potesse esserlo.  “Qui siamo tutti fans di Sergio”, le ha detto il direttore, “ma l’editore ha deciso così”.
Questo modo di operare distruggerà - anzi, lo ha già fatto - la musica italiana e la discografia.  Gli artisti di domani saranno solo quelli usciti dai talent show. Non bisogna essere chiaroveggenti per capire che questo strapotere - e disonestà - dei network finirà presto per travolgere anche loro, perchè la radio la ascolta sempre meno gente e quindi anche la pubblicità si inaridirà per migrare su altre piattaforme.  Io, sicuramente, non smetterò di fare il mio lavoro solo perché qualcuno ha deciso così.  

Intanto, segnalo a tutti il mio nuovo album POP JAZZ AND LOVE, di cui potete ascoltare dei campioni di circa un minuto su iTunes a questo link.  Giudicate voi se fa schifo o se potrebbe secondo voi essere trasmesso in radio.


Grazie alle centinaia di migliaia di persone che mi hanno sostenuto.  Venite a vedermi in concerto, sarà un divertimento ancora più gustoso


Sergio Caputo